Dello Sri Lanka sento ancora la roccia scottare sotto i miei piedi, quando, tolte le scarpe, salivo i gradini del tempio di Mulgirigale, o quando la pioggia, spinta dai monsoni, mi bagnava dalla testa ai piedi e quando, trascorsi pochi minuti, il sole asciugava i miei abiti senza fare fatica.
Sento ancora i suoni dei tamburi all’interno dei templi e il profumo dei fiori di loto, la mano del monaco schiacciata contro la mia fronte per benedirmi, mentre la gente, intorno a me, pregava senza distrarsi.

Ma più di tutto ricordo i 25 km all’ora del treno che da Ella mi ha portato a Nanu Oya e di come il tempo, rallentando la sua corsa, mi mostrasse il respiro nascosto della vita.

Eccolo: